Riduzione del movimento nelle malattie neurologiche: effetti sulle caratteristiche delle cellule staminali neurali

Il 23 Maggio è stato pubblicato il lavoro scientifico “Reduction of Movement in Neurological Diseases: Effects on Neural Stem Cells Characteristics“ svolto dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Milano sulla Rivista Frontiers in Neuroscience.

I ricercatori si sono chiesti se il risultato complessivo della SMA fosse solo dovuto alla mutazione del gene SMN1 (e al numero di geni SMN2), o se ci fossero altri fattori che potevano essere presi in considerazione per spiegare la malattia in senso complessivo.

Uno degli elementi comuni a diverse malattie neurologiche come la SMA, la lesione spinale, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la sclerosi multipla (SM) è il fatto che le persone che ne sono affette si muovono meno del resto della popolazione ed in particolare usano poco o affatto i muscoli antigravitari (ovvero i muscoli degli arti inferiori). Questa condizione fra l’altro è presente anche in persone che si trovano allettate (anche per motivi non neurologici) o in astronauti che si trovano a dover stazionare in condizioni di microgravità per lunghi periodi di tempo (ad esempio nelle future missioni su Marte).

I ricercatori, per poter capire quale fosse il peso e l’effetto della situazione di immobilità, hanno scelto di utilizzare un approccio semplificativo in quanto sarebbe stato molto difficile studiare questo aspetto in una situazione nella quale era presente anche una patologia. Hanno deciso quindi di utilizzare uno schema sperimentale di severa limitazione motoria applicato a un modello animale sano.

Il team di ricerca ha subito osservato che gli animali soggetti a limitazione di movimento presentavano alcune aree del cervello con una ridotta capacità di proliferazione cellulare. Queste aree, in particolare la zona sottoventricolare, sono deputate alla sostituzione dei neuroni vecchi e danneggiati (in termine scientifico si dice che tali cellule staminali neurali hanno un ruolo omeostatico). Una cosa ancora più sorprendente era che, isolando queste cellule staminali neurali e mantenendole in coltura, esse proliferavano meno di quelle estratte da animali che non erano stati posti in condizioni di limitazioni di movimento. Inoltre le cellule staminali neurali ottenute da animali che si muovevano poco erano in grado di generare meno neuroni rispetto alle cellule ottenute da animali che invece erano liberi di muoversi.

Tutte queste alterazioni potrebbero essere imputabili a cambiamenti delle attività di costituenti cellulari deputati a produrre energia (i mitocondri) e molto probabilmente sono indotte dai segnali che si instaurano, sia nel cervello che nel muscolo, durante il movimento, specialmente quello antigravitario. Il passo successivo sarà quello di determinare la natura di questa particolare relazione.

Il lavoro è stato possibile anche grazie alle strutture strumentali presenti nel Dipartimento di Scienze della Salute, dell’Università degli Studi di Milano, alla collaborazione con l’Università degli Studi di Pavia e all’aiuto economico di ASAMSI e di Vertical Fondazione per lo studio della paralisi da lesione spinale.

Un particolare ringraziamento a Roberto Baldini che da sempre ha creduto in questo lavoro.

Daniele Bottai
Università di Milano 
Dipartimento di Scienze della Salute
Ospedale San Paolo, Milano

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