I ricercatori dell’Ottawa Hospital Research Institute hanno dimostrato che nei topi gli schemi di debilitazione muscolare tipici dell’atrofia muscolare spinale (SMA), che si manifestano prima che qualsiasi apparente neurodegenerazione sia in atto, sono diversi a seconda della gravità della malattia.
L’articolo “Differential induction of muscle atrophy pathways in two mouse models of spinal muscolar atrophy” apparso sulla rivista “Jurnal Scientific Report” sottolinea che i trattamenti e le cure intraprese a livello muscolare potrebbero avere bisogno di ulteriori complementi al fine di incrementare i troppo bassi livelli di proteina SMN che rappresentano il fondamento della malattia.
Il fatto che la SMA derivi da mutazioni genetiche del gene SMN che portano alla morte dei motoneuroni, ha portato naturalmente a focalizzarsi sui fattori che veicolano la neurodegenerazione. Fino a poco tempo fa i ricercatori hanno anche creduto che l’indebolimento dei muscoli fosse una diretta conseguenza della morte dei motoneuroni.
Ultimamente, invece, alcuni studi sui topi hanno dimostrato che i muscoli cominciano a indebolirsi molto prima che il danno ai motoneuroni diventi evidente. Inoltre, alcuni esperimenti, che prevedono l’aumento di SMN nel sistema nervoso centrale, dimostrano che i livelli elevati di SMN non invertono completamente il decorso della malattia, suggerendo che la mutazione colpisce alcuni fattori di altri tessuti.
Per capire meglio come le mutazioni del gene SMN influenzino direttamente i muscoli, il dottor Rashmi Kothary e il suo team hanno usato diversi modelli di cavie, prendendo in considerazione i diversi livelli di gravità della SMA e studiando i percorsi molecolari che portano alla debilitazione muscolare.
Essi hanno rapidamente realizzato che in base alla gravità della malattia, venivano attivati tipi diversi di percorsi di degradazione molecolare. Inoltre presto potrebbero anche confermare, in base ai risultati precedenti, che il degrado muscolare inizia prima che i neuroni muoiano.
Il gruppo di ricerca è riuscito a invertire i cambiamenti molecolari legati al deperimento muscolare nei topi, usando un composto chiamato Tricostatina A. Mentre il farmaco non è adatto per trattare gli esseri umani, gli esperimenti dimostrano che i farmaci in via di sviluppo specificatamente mirati alla cura dell’indebolimento muscolare potrebbero rappresentare una valida strategia d’implementazione dei trattamenti atti a prevenire la morte dei motoneuroni.
Traduzione a cura di Cristiano Vaghi per ASAMSI
Fonte: smanewstoday.com