Questa settimana avevo pensato di fare un po’ di cultura. Ehi, niente paura! Nulla di sconvolgente, avevo solo condotto una full immersion di cinema, andando a vedere i flm di cui tutti parlano. Volevo raccontarvi che al secondo tentativo ero riuscito a concludere la visione della calligrafca Grande bellezza senza addormentarmi, che Il capitale umano non c’entra un piffero con la Brianza, che American Hustle è carino ma era meglio La stangata, e che il più bel film in circolazione, The Butler, è proprio quello ignorato dalle nomination agli Oscar. Avevo voglia di sorridere. Poi sono incappato in un articolo sul caso Stamina pubblicato dalla Stampa di Torino. E ne sono uscito sconvolto. Si tratta di una lunga lettera scritta da tre scienziati, come si dice, di chiara fama: Elena Cattaneo (di recente nominata senatrice a vita), Gilberto Corbellini e Michele De Luca. I tre sparano ad alzo zero contro il programma televisivo Le Iene, che nei mesi scorsi si è occupato in numerose occasioni della vicenda Stamina, dando voce alle famiglie disperate e criticando gli esperti anti-Vannoni. Cattaneo e i due colleghi accusano il programma di aver «manipolato e spettacolarizzato la sofferenza di malati e parenti», di aver «usato» i bambini ammalati alimentando «false speranze» con «instancabile accanimento». E chiedono perentori che «si paghino i danni fatti» anche «davanti a un giudice». La Stampa, correttamente, pubblica anche l’articolata risposta di Davide Parenti, l’ideatore e autore delle Iene. Se volete leggere i due testi, ne trovate una sintesi QUI e la versione integrale su quello del quotidiano torinese. Non intendo entrare nel merito “scientifico” della diatriba: non ne ho le competenze. Osservo però due cose. La prima: fino a prova contraria, non avendo Le Iene diffamato o calunniato nessuno, quando si arriva a invocare punizioni esemplari contro un’inchiesta giornalistica che semplicemente porta fatti e opinioni differenti dalle proprie, significa avere della libertà di stampa un’idea piuttosto totalitaria. Ma fin qui, transeat: anche chiedere interventi della magistratura, in fondo, è un’opinione, e come tale va rispettata. Trovo più grave la seconda circostanza. Dalla lettera di Cattaneo e colleghi traspare un’arroganza, una superbia e direi quasi una prepotenza incredibili. Dall’alto dei propri titoli accademici (e politici) si trinciano giudizi assoluti e incontestabili. Come dire: la materia è troppo difficile e delicata perché possa trattarla chi non fa parte della ristretta comunità dei chierici. Il cosiddetto metodo Stamina è una truffa, punto e basta. Perché? Perché lo dice la Scienza.
Ora, il punto non è se Davide Vannoni sia un truffatore oppure no. Questo sì lo stabilirà la magistratura, che sta indagando. Ma ammettiamo pure, per ipotesi, che lo risulti davvero, e che le cellule di Stamina non siano altro che un pastrocchio, addirittura dannoso per la salute dei pazienti. In questo caso, chi deve pagare pagherà. Resterebbero comunque alcune domande inevase. Perché alcuni pazienti sembrano stare meglio? E, soprattutto, perché gli scienziati non sono mai andati a verificare questi presunti miglioramenti? Di che cosa avevano paura? Di scoprire forse che la realtà a volte si ribella alla teoria? No, non credo. Credo invece che spesso la teoria basti a se stessa. E che altrettanto spesso sia troppa la distanza tra essa e la realtà. C’è chi parla della «sofferenza» altrui stando chiuso in laboratorio. E ci sono luminari della medicina che non si accostano ai pazienti. Chi ha avuto in sorte una patologia grave sa di che cosa parlo.
Certo, a volte la freddezza, il silenzio, il distacco sono forme di legittima autodifesa per i medici che operano su casi estremi, ma chi li vive sulla propria pelle può scambiare questi atteggiamenti per disumanità. Se poi le lezioni sulla «sofferenza» arrivano da docenti, storici e biochimici, gente cioè rispettabilissima ma che non sta sul campo di battaglia, be’… Ecco quindi (comunque finisca, e finirà male) che cosa ci insegna la vicenda Stamina: le istituzioni, le agenzie, le commissioni, i cattedratici e i Grandi Maestri scendano dal piedistallo, escano da convegni, uffici e laboratori, si confrontino con le lacrime delle famiglie, si sporchino le mani e coltivino il dubbio. Alcuni lo fanno, certo. Ma sono ancora troppo pochi. Chi lo ha fatto, per esempio, con Celeste e Sofia e le altre “vittime” di Vannoni? A quanto pare, magari con inesattezze ed errori, soltanto i giornalisti, noi compresi. E loro, i depositari della Verità?
Di Umberto Brindani su oggi.it